Una riunione di condominio si è trasformata in una sparatoria nel quartiere Fidene di Roma con tre morti e quattro feriti
Doveva essere una riunione di proprietari di seconda case di un comprensorio, il consorzio Valleverde in provincia di Rieti affacciato sul lago, e invece si è trasformata in una strage portata a compimento da un uomo di 57 anni che ha aperto il fuoco sugli altri consorziati. Da parte del pubblico ministero è stata ora con contestata anche la premeditazione a causa di ciò che è stato rinvenuto sull’uomo quando poi è stato fermato dalle forze dell’ordine.
La questione che ha portato a questa inspiegabile esplosione di violenza sarebbe da ricercare in una serie di problemi che l’uomo avrebbe avuto con gli altri proprietari delle case del consorzio aggravati dalla perdita del figlio adolescente qualche anno fa a seguito di un incidente in montagna.
“Vi ammazzo tutti”, il terrore alla riunione di condominio
Le riunioni di condominio non sono quasi mai incontri tranquilli e sereni perché sono un momento in cui anche i piccoli dissidi tra vicini di casa possono trasformarsi in litigate feroci. Ma probabilmente nessuno avrebbe potuto immaginare quello che Claudio Campiti, 57 anni, avrebbe fatto nel momento in cui è entrato nel bar utilizzato come sala riunioni dai proprietari delle case del comprensorio Valle Verde. L’uomo, così raccontano i testimoni, sarebbe entrato e chiusa la porta avrebbe gridato “vi ammazzo tutti chiusi“. Prima che la pistola si inceppasse, purtroppo, Campiti ha ferito a morte tre donne e altre quattro persone di cui una versa in gravi condizioni. A riuscire nell’intento di fermare Campiti un uomo di 67 anni che, nel momento in cui l’arma si è inceppata, gli è andato addosso e lo ha bloccato.
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Dal racconto, raccolto anche dai colleghi di tgcom24, fatto dalla vicepresidente del consorzio Luciana Ciorba, Campiti “non era matto“. L’uomo, viveva nella casa non finita all’interno del comprensorio in uno stato di evidente degrado. Degrado dovuto probabilmente anche al dolore mai superato per la morte del figlio, avvenuta nel 2012 a Sesto per un incidente con lo slittino per il quale nel 2017 era stata confermata da parte della Corte d’Appello la condanna nei confronti del maestro di sci, del direttore del centro sciistico e dell’addetto alla sicurezza del comprensorio in cui era avvenuta tragedia. Tanti nella zona in cui abitava Campiti ricordano che proprio da quell’incidente l’uomo non si era in realtà mai ripreso.